Tuesday, January 18, 2011

The king's speech: when a nation needs a voice

Lui è Albert, duca di York, secondogenito di re Giorgo V e, in quanto tale, secondo in linea di ascendenza per il trono d'Inghilterra. L'altro è un uomo ordinario, un australiano trapiantato a Londra, che si reinventa come specialista senza titoli per i disturbi del linguaggio. Cosa hanno da condividere? La mancanza di voce del primo, interpretato da Colin Firth, la capacità del secondo, interpretato da Geoffrey Rush, di potergliera ridare.
Il film traccia il dietro le quinte di una pagina della storia inglese sconosciuta ai più, quando il bisogno di una nazione di avere un leader forte e carismatico su cui poter contare alle soglie della seconda guerra mondiale, si scontra con le difficoltà di un futuro re di essere all'altezza del suo compito per mancanza di una voce, per un difetto di balbuzie, per distima di se stesso e delle proprie capacità.
Cosa è un re privo di fiducia in se stesso e senza una voce con la quale infondere sicurezza e coraggio al suo popolo?
L'interpretazione di Colin Firth è superba e toccante al tempo stesso, perché restituisce l'immagine di un ascendente al trono alle prese con i suoi demoni e le sue fragilità, ma soprattutto con il fardello di essere re quando tutto sta per crollare. Se non ha vinto l'oscar per "A single man" di Tom Ford, questa volta lo guadagnerà certamente. Jeoffrey Rush è perfetto nella parte del terapista un po' pazzoide capace di ridare coraggio con i suoi metodi alternativi al futuro re. Anche lui da oscar.
Seganaliamo anche Helena Bonham Carter nella parte della moglie di Albert e futura regina Maria: perfettamente riuscita.

P.s. Da vedere possibilmente in versione originale.