Friday, March 11, 2011

Jean Siméon Chardin al Museo del Prado

Il garzone dell'osteria
La mostra visitabile al Museo del Prado sul pittore del pieno Settecento francese Jean Siméon Chardin (1699-1779) costituisce un'opportunità irripetibile per conoscere quest'artista, dato che si tratta della prima retrospettiva a lui dedicata in Spagna e che la mostra raccoglie per la prima volta quasi un terzo delle sue opere. 
In un secolo come il Settencento, così profondamente dominato dal gusto per l'effimero e lo sfarzo, Chardin  e la sua pittura rappresentano un "unicum", di cui si erano resi conto anche i suoi contemporanei. Egli trascorre tutta la sua vita a Parigi senza mai aver compiuto quel viaggio iniziatico, il gran tour, alla scoperta delle bellezze italiane, come molti suoi colleghi prima e dopo di lui ambivano fare, e, quindi, senza aver mai visto le celebri opere del passato presenti a Roma, da cui tutti i pittori dell'epoca traevano ispirazione. Per questo, la sua pittura risente più di influenze nordiche, fiamminghe in particolare, come dimostra la sua attenzione al dettaglio, alle pose semplici e dimesse, alla predilizione per scene di vita quotidiana ambientate nel retrobottega di un'osteria o nelle case borghesi parigine. 
Quadri di nature morte caratterizzano l'inizio e la fine del suo percorso artistico (da notare Lepre morta con sacca per polvere da sparo e carniere), rendendo agevole ricostrurire l'evoluzione del fare pittorico di Chardin nel corso dei decenni. Da un realismo ricercato dei primi anni si approda a toni più astratti e meno precisi negli anni '50-'60 del Settecento, come suggerisce Pierre Rosenberg, commissario della mostra, nell'intervista rilasciata al museo del Prado.
Il bambino con la trottola o Ritratto di Auguste-Gabriel Godefroy
Chardin ha modo di cimentarsi anche con ritratti di figure umane soprattutto nel centro della sua carriera. I soggetti da lui scelti cono spesso fanciulli, magari sorpresi mentre giocano a fare le bolle (Le bolle di sapone detto anche Ragazzo che fa le bolle di sapone) o in un momento di riposo durante ore di gioco, di cui Chardin risalta con colori accesi piccoli oggetti, come il nastro azzuro pendente sul bianco grembiule de La bambina col volano o la matita da disegno che fuorisce dal banco ne Il bambino con la trottola o Ritratto di Auguste-Gabriel Godefroy.

"Benedicite"
Ritratti di pose spesso tutt'altro che frontali, per questo più vive e vere, perchè non hanno nulla di voluto o di statico, come ne Un giovane scolaro che disegnadi cui non conosciamo il volto perchè ritratto di spalle. Sorprende la discrezione con cui il pittore ritrae l'interno di una cucina, con i suoi utensili perfettamente disposti sulle mensole, mentre fotografa gli sguardi intensi di una madre e delle sue figlie nell'atto di dire il Benedicite, prima di iniziare a mangiare. Stessa attenzione ai sentimenti umani e al dettaglio da interni si ritrova nello broncio del bambino di fronte alla sua governante che lo sgrida per il modo disattento con cui ha lasciato la sua stanza ne La Governante.
Non è un caso se il migliore riconoscimento attribuito all'artista sia stata la definizione di "pittore del silenzio", per questo suo modo così pacato di soffermare lo sguardo su gesti quotidiani, di osservare discretamente sentimenti d'animo interiori, restituendo la grazia di personaggi  e cose apparteneti ad un mondo umile, dove l'arancia amara che riposa grinzosa, quasi brutta, riesce a divenire più amabile agli occhi perchè facente parte di un mondo a cui noi stessi apparteniamo. 
Una pittura così lontana dal mondo contemporaneo, eppure già pre-moderna.
La mostra, dopo aver incatato l'Italia, a Ferrara, presso Palazzo dei Diamanti, sorprenderà anche la Spagna. 

Jean Siméon Chardin (1699-1779) 
Museo del Prado
C/ Ruiz de Alcoròn, 23
28014 Madrid
Fino al 29 maggio