Tuesday, October 2, 2012

Gerhard Richter, ovvero per una pittura elevata al cubo

Gerhard Richter: Betty, 1988
Mi precipito all'ultimo giorno disponibile per vedere la fantastica retrospettiva, "Panorama", che il Centre Pompidou di Parigi ha dedicato ad un riconosciuto maestro di quella corrente definita "iperrealismo": Gerhard Richter. Anche se il maestro tedesco dichiara di " non appartenere ad alcun sistema, tendenza, programma; né di avere programmi, stile o pretese", il termine di "iperrealismo" sembra calzare a pennello alle sue opere, almeno a quella fase in cui è proprio evidente non il desiderio di emulare la realtà, ma di superarla, rendendo il quadro più vero del vero, più reale del reale. Sfido chiunque a confrontare la foto da cui egli parte per compiere il ritratto di nuca di sua figlia Betty con il quadro ultimato e a non dubitare almeno per un attimo che questo costituisca una gigantografia dell'originale. Invece no: siamo sempre di fronte ad una copia, il ritratto, che in questo caso non ha come modello la realtà, bensì un'altra copia della realtà, la fotografia. Si tratta quindi di un'operazione di pittura elevata al cubo (prendo in prestito il termine da Calvino che lo aveva utilizzato in riferimento alla letteratura), cioè di pittura che rappresenta non più la realtà ma una copia di essa. Mi viene da chiedere se il movimento sia circolare, se cioè il passaggio realtà-fotografia-ritratto, sia un movimento per ritornare al punto da cui si era partiti, oppure no, se sia un movimento teso a dimenticare quello da cui eravamo partiti, la realtà. Opterei per la seconda opzione: il quadro cioè vuole superare la realtà, proprio perché vuole sostituirsi ad essa, con tutto il rischio che questo comporta. Il rischio cioè di scambiare il quadro per la realtà, dimenticando quest'ultima. Un po' come la realtà virtuale, the world wide web, non è la realtà reale.
In questo senso, credo che Richter sia un artista più che mai contemporaneo; mentre le sue prove di tipo astratto, sanno di maniera, di desiderio di confrontarsi con stili totalmente opposti al suo per misurane la riuscita, o più semplicemente per "fare cassa".